Le sue materie prime sono la terra, l’acqua, il foraggio; i suoi “vitigni” sono la selezione e l’allevamento dei capi autoctoni; la mano dell’uomo è ciò che garantisce la purezza della filiera: dal campo al macello, dalla pezzatura al confezionamento. Anche il tempo gioca una parte fondamentale sulla carne attraverso l’impiego della frollatura, un vero e proprio “affinamento” che, se studiato su misura, nobilita il prodotto finale.
Di origine antichissima, la storia della Razza Piemontese risale al paleolitico, circa 30 mila anni orsono, quando le specie bovine selvatiche si fusero con mandrie di zebù provenienti dal Pakistan. Il nuovo incrocio si diffuse soprattutto in Italia e, in particolar modo lungo i pascoli del Piemonte forse perché le Alpi fecero da barriera naturale. Rustica e resistente, ottima per il latte e per la carne, questa razza veniva utilizzata come animale da lavoro, fattore che, probabilmente, influì sulla genetica e finì per generare un’ipertrofia dei muscoli della groppa e delle cosce.
È da questa particolare conformazione muscolare che deriva il termine Fassone, mutuato dall’espressione francese de bonne façon, ovvero «di buona fattura». I migliori capi di Fassone presentavano infatti spiccate muscolature della spalla, della groppa e della coscia, tanto che venivano chiamati doppia coscia o, in dialetto piemontese, bucin dla cheussa «bovini della coscia». Una mutazione che fu sempre più ricercata a partire dal XIX secolo, da quando gli allevatori, in particolare quelli dell’Albese, la resero una razza vocata alla produzione di carne.
Oggi la Razza Piemontese Fassone è allevata principalmente nelle provincie di Cuneo e Torino. Viene apprezzata per l’elevata resa al macello (che supera anche il 70%) e la fine ossatura, che permette un numero di tagli maggiore se confrontato con bovini di mole superiore.